lunedì 4 dicembre 2017

EHI FRATELLO, SIEDITI QUI E FATTI UN TIRO DI DIO!

Oggi questa Cattedrale ha il piacere di ospitare per qualche riga l'essere pandimensionale che mi ha fatto conoscere i misteri di Eris Discordia, storia che vi racconterò in un altro momento, le leggende dicono che costui abbia scritto un libro che nasconde i segreti per comprendere la realtà, abbia tradotto il Codex Seraphinianus e sia un mago e giocatore di ruolo! Un bell'applauso per Frater Myrmicoleon!!

Se un giorno il vostro vicino di casa hippie fuori tempo massimo, che non si lava mai i capelli grigi ma in compenso ha una collezione di vinili che neanche in una biblioteca storica, entrasse trafelato in casa vostra brandendo il suo bong lungo un metro e dicendovi che ha appena parlato con Dio, nutro la relativa certezza che non vi siedereste subito al pc a trascrivere le sue rivelazioni prima che svaniscano in una nube di cannabis (un vero discordiano lo farebbe eccome, ma transeat).
Ora, senza scomodare dalla sua tomba Timothy Leary buonanima, né tantomeno schiere di stregoni e sciamani che ne hanno fumate di ogni dall’origine dei tempi, nessuna persona di buonsenso prenderebbe sul serio chi inala vapori di dubbia provenienza e poi fonda una religione, no?
Certo che no.
Impossibile.
Assurdo.
Facciamo un passo indietro. Un passo bello lungo, tipo di 4.000 anni. E ci ritroviamo in Egitto.
In una delle versioni del mito di Osiride (sì, ce n’è più di una, da quelle parti non avevano il Concilio di Nicea), ovvero quella riferita da Plutarco, per togliere di mezzo l’odiato fratello Osiride il dio Seth se ne pensa una che poteva funzionare giusto in Egitto: porta una cassa da morto a una festa degli dèi e sfida i presenti a sdraiarcisi per vedere chi ci sta dentro da dio. Chi vince può tenersela (e toccarsi le palle per il graditissimo augurio…) Tutti gli dèi ci provano, e ovviamente solo Osiride la occupa alla perfezione. Ma prima di poter gridare “Ehi, ragazzi, ho vinto una cassa da morto!” Set lo chiude dentro e corre a gettare la cassa nel Nilo. I commenti teneteli per dopo.
Cambio di scena: la cassa galleggia per gli affari suoi fino alla città di Biblo, in Libano, dove si incaglia a terra e sopra ci cresce un enorme albero di tamerice. Anni dopo il re della città decide di farlo abbattere per farci un pilastro decorativo da mettere in salotto, ma sul più bello arriva Iside, sorella e moglie di Osiride, che sta cercando da un bel po’ il corpo del fratello-marito e convince il re a permetterle di estrarlo dal legno (il pilastro però glielo lascia, così a Biblo possono continuare a venerare il buco lasciato dal dio.)
Tamarix gallica

Le vicissitudini di Iside, Osiride e Seth continuano, ma noi per il momento ci fermiamo qui, per dirigere la nostra attenzione sull’albero di tamerice (Tamarix gallica), che chiaramente in Egitto era sacro a Osiride. Ma, tra tutte le piante che i bravi egizi avevano a disposizione, perché scegliere proprio questo alberello, che ha indiscutibilmente un buon profumo ma in se stesso non è mai servito a granché, se non come foraggio per gli animali? Forse perché capita che la tamerice contenga un’elevata concentrazione di DMT, una delle più potenti molecole allucinogene esistenti in natura, la stessa con cui gli indios dell’Amazzonia preparano l’ayahuasca? (Se l’argomento vi piglia ma non avete tempo di sorbirvi mille libri in svariate lingue, date una scorsa a DMT: la molecola dello spirito di Rick Strassman.)
Verrebbe quasi da pensare che, quando Iside ha “estratto il dio dall’albero”, avesse determinate idee in mente… (In altre versioni l’albero sacro di Osiride è l’acacia, ma non cambia un bel niente: pure nell’acacia c’è DMT in abbondanza.)
Vabbè, mi direte voi, questo è solo un mito: che c’entra coi profeti veri?
Magari niente. Capita solo che la tamerice, che cresce molto bene nei terreni aridi, infesta anche l’altopiano del Sinai. Come capita che il DMT sia una sostanza volatile, che può vaporizzare a determinate temperature. E sul Sinai Mosè ha parlato con un cespuglio in fiamme.
Ma io non sto lanciando nessuna teoria, sia ben chiaro. Non esiste la benché minima prova storica di tutto ciò.
D’altronde, se vogliamo considerare il monoteismo più antico al mondo, ovvero la religione zoroastriana, alla sua origine troviamo la predicazione del profeta iranico Zarathustra, che per quanto ne sappiamo parlava solo quando era sobrio e si reggeva bene in piedi.
Poco male che il sacrificio più importante che si potesse offrire agli dèi nell’Iran di quei tempi – poi conservato anche nella ritualità zoroastriana stessa – fosse l’offerta dell’haoma, una bevanda sacra di cui oggi ignoriamo la composizione. Gli storici le hanno tentate tutte per identificarla: secondo alcuni era fatta col DMT di cui sopra, secondo altri con l’ergot (in pratica l’LSD), o con l’amanita muscaria, o con la cannabis, o con la psilocibina, o con l’efedrina… potete aggiungere sostanze psicotrope a piacere, è un gioco divertente. Una cosa però è certa, perché i testi zoroastriani non lasciano dubbi in proposito: chi la beveva sballava di brutto, si sentiva forte, non provava più dolore e spesso aveva voglia di darci dentro a letto (forse era per questo che piaceva anche agli dèi). Il suo equivalente – anche linguistico – in India era il soma, sostanza con le medesime proprietà se vogliamo dar retta ai Veda, apprezzata al punto da essere venerata essa stessa come una divinità (un dio lunare, per la precisione).
Un vero e proprio bouquet di possibili piante alla
base della preparazione del Soma 
Ok, tutti calmi: sappiamo che i sacerdoti iranici la versavano per gli dèi. Questo non vuol dire che se la bevessero pure loro… Ah, ecco: nell’undicesimo Yasna (una delle sezioni dell’Avesta, il testo sacro dello zoroastrismo) c’è scritto che i sacerdoti prima del sacrificio ci infilavano la lingua.
Va bene, ma forse Zarathustra non se la calava. Non prima di mettersi a parlare di Dio.
Peccato che lo stesso non si possa dire di uno dei suoi più curiosi successori, il sacerdote persiano Wiraz.
Vissuto in epoca sassanide (III-VII secolo, ma stabilire una data anche approssimativa è un’utopia), la sua storia è raccontata nell’Arda Wiraz Namag (Il libro di Arda Wiraz, steso probabilmente nel X secolo), oggi spesso indicato come “la Divina Commedia della cultura zoroastriana”.
Per riassumerlo in due parole: in un momento in cui la Persia sente l’influsso di religioni straniere (tra i colpevoli è citato Alessandro Magno, fate un po’ voi) e la fede zoroastriana ha bisogno di una scrollata, il re in carica (forse Sapore II) dà ordine ai suoi sapienti di trovare conferme della veridicità delle parole di Zarathustra. Per l’incarico i sacerdoti scelgono Wiraz, il più pio tra loro, ma il brav’uomo non è esattamente entusiasta di partire da vivo per l’Aldilà, operazione che comporta il tracannare un intruglio di vino e haoma (secondo un’altra versione vino e giusquiamo, che sarebbe pure peggio…)
Alla fine lui e le sue sorelle-mogli (questo tizio aveva sette sorelle e se le era sposate tutte) vengono convinti a botta di viscide rassicurazioni: il sacerdote beve la pozione e piomba in coma per sette giorni e sette notti. Al risveglio racconta di essere salito in Cielo, di aver parlato con Zarathustra stesso, con gli angeli, con i morti beati e di aver conversato con Dio in persona (Ahura Mazda), poi di essere sceso all’inferno e di aver assistito alle pene del dannati, che descrive con dovizia di particolari, per confermare infine che Zarathustra aveva sempre avuto ragione da vendere.
Tutto grazie a una caraffa di vino più DMT. O forse LSD. O forse psilocibina…
Io mi arrendo. Da qui in avanti continuate voi.


Frater Myrmicoleon
Profeta della Perplessitudine, Guida Cieca degli Indecisi


“Ignora il leone, segui la formica! O il contrario.”

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